Agust

La calura del giorno ha ceduto il passo a una sera mite. Anna si muove a passi lenti, cadenzati, per il patio. Si guarda i piedi: le dita lunghe, le unghie smaltate di un rosso brillante che si immergono e riemergono dai fili d’erba, come coccinelle giocose. Si avvicina alla tavola imbandita, si versa un calice di pinot. Prende il bicchiere per lo stelo e lo porta all’altezza del viso: – Peccato non si possano trattenere – pensa, riferendosi ai profumi che la circondano: l’odore penetrante del gelsomino, la nota fresca dell’aranceto sul retro della casa, portato dalla leggera brezza che si sta alzando. Chiude un occhio per mettere a fuoco il paesaggio, visto attraverso il bicchiere. Il vino dona una patina ocra da vecchia foto. E lì, sullo sfondo, l’Adriatico si carica di riflessi ramati che rendono struggente la bellezza delle onde: senza più furia, si abbandonano e compenetrano la sabbia ancora calda della battigia.
– Cosa fai? – le chiede Nicola, raggiungendola alle spalle. Anna è percorsa da un brivido, che riverbera quello delle onde, quello della brezza: sente di essere tutt’uno con la natura che la circonda, di respirare del suo stesso respiro. Si volta, guarda anche lui attraverso il bicchiere: – Costruisco ricordi – gli dice.